"Era il numero due di Cosa Nostra"
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TRAPANI
Il boss mafioso latitante Domenico Raccuglia, 45 anni, è stato preso nel pomeriggio, dopo un indagine all’antica, con pedinamenti e intercettazioni, dai poliziotti della sezione catturandi della squadra mobile palermitana. Dal ’96 era ricercato per omicidi, estorsioni, rapine, mafia e poi per le varie condanne che andava collezionando: tre ergastoli tra cui quello per l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, e tanti altri anni di carcere.
Mimmo Raccuglia, il "veterinario" di Cosa Nostra, ha tentato di fuggire attraverso un terrazzo dell’appartamento-covo in via Cabasino a Calatafimi Segesta, comune ricco di storia e noto per la battaglia vittoriosa dei Mille di Garibaldi sull’esercito borbonico, ma non ce l’ha fatta. L’operazione era ben congegnata, l’edificio era circondato e i poliziotti non potevano farsi sfuggire un’ occasione così ghiotta: ammanettare quello che lo stesso ministro dell’Interno Roberto Maroni definisce «il numero due di Cosa nostra». «L’arresto di Raccuglia è uno dei colpi più duri - dice Maroni - inferti alle organizzazioni mafiose negli ultimi anni». Il responsabile del Viminale ha telefonato al Capo della Polizia, il prefetto Antonio Manganelli, per congratularsi dell’operazione.
Al di là delle "classifiche", che nella mafia spesso cambiano velocemente, è certo che Raccuglia era, insieme a Matteo Messina Denaro e a Giovanni Nicchi, uno dei mafiosi più ricercati d’Italia. Al momento dell’irruzione degli agenti nel suo covo era solo. Il capomafia ha tentato di fuggire dal terrazzo, ma è stato bloccato. Nell’abitazione, che sarebbe stato il suo nascondiglio da qualche giorno, sono state trovate diverse pistole. Ammanettato Raccuglia è stato fatto salire su una delle auto della »catturandi« che è poi partita col corteo delle altre macchine della polizia verso la questura di Palermo. Uomo vicino al clan Brusca di San Giuseppe Jato, Raccuglia ha scalato in vent’anni i vertici di Cosa nostra soprattutto per la sua ferocia nonostante il soprannome di "veterinario" dovuto, a quanto pare, alla sua passione per gli animali, gatti e cavalli soprattutto. È considerato il boss che controlla il territorio che unisce la provincia di Palermo con quella di Trapani. Al suo nome sono legati gli omicidi interni a Cosa nostra nella provincia di Palermo, soprattutto a Partinico, degli ultimi anni dove sono caduti uomini considerati vicini all’ex latitanti o suoi nemici.
Ricercatissimo da polizia e carabinieri che seguivano anche i suoi familiari (un fratello, Salvatore, è stato condannato per mafia) Raccuglia era finora riuscito a sfuggire alla cattura nonostante, ad esempio, i magistrati sapessero che da oltre dieci anni, agli inizi di giugno, in genere tre giorni dopo la chiusura delle scuole, la moglie partisse da Altofonte per andare a trascorrere le vacanze estive col marito latitante. Il sostituto procuratore palermitano Francesco Del Bene che col pm Roberta Buzzolani ha coordinato le indagini sull’arresto del latitante parla di «un grandissimo risultato conseguito in un periodo difficile. La polizia lavora con pochi uomini e poche risorse. Ciò accresce ulteriormente il valore di un’indagine svolta esclusivamente con metodi tradizionali: pedinamenti, videoriprese e intercettazioniV. Francesco Gratteri, direttore della direzione anticrimine centrale (Dac) della polizia di Stato dice: «Con l’arresto di Domenico Raccuglia è stata decapitata l’ala corleonese di Cosa nostra».
Di «un successo investigativo importantissimo» parla il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. «Quando, poco fa, ho sentito il questore - ha raccontato - era insieme ad alcuni degli agenti della sezione catturandi, ragazzi che conosco bene e con cui ho lavorato quando ero procuratore a Palermo. Ho potuto complimentarmi anche con loro». «Raccuglia - ha spiegato Grasso - è considerato il numero due, per peso criminale, nella lista dei ricercati di Cosa nostra dopo Matteo Messina Denaro. In questi anni ha esteso il suo dominio da Altofonte fino al confine con la provincia di Trapani, come conferma il fatto che si nascondeva proprio nel trapanese». Per il procuratore aggiunto di Palermo Ingroia, che ha coordinato le indagini che hanno portato questo pomeriggio all’arresto, «si tratta di un arresto di straordinaria importanza»: «Abbiamo preso uno dei capi assoluti di Cosa nostra ancora in circolazione in un momento di ascesa all’interno delle gerarchie mafiose». Al capo della polizia sono giunte le congratulazioni di numerosi esponenti politici, tra cui il presidente del Senato Renato Schifani e il ministro della Giustizia Angelino Alfano.
QUESTA E' LA GIUSTIZIA CHE VOGLIAMO...questo è quello che ci aspettiamo di vedere ogni giorno...che chi compie reati finisca in manette...e nessun giudice, magistrato o ministro provi, questa volta, a scarcerare questo individuo...è ora che la giustizia ricominci a fare ciò che le compete...questo vogliamo vedere...è in questo modo che torneremo orgogliosi a cantare il nostro inno nazionale...come hanno fatto le persone davanti alla questura...festeggiando il clamoroso arresto...se così fosse ogni giorno potremmo ricominciare a dire fieri...VIVA L'ITALIA!!!
Kate83
siamo sicuri che stavolta non ricompare la prescrizioni??
RispondiEliminaSignori, controllate tutti i pizzini che avete...magari avevate un patto....
Ma quale patto col governo!!!I poliziotti di Palermo hanno anticipato i soldi durante le indagini perchè non erano sufficienti i fondi...altro che patto stato-mafia!!!!
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